Bilancio sulle fonderie italiane

In occasione dell'assemblea "La fonderia oggi e domani: sostenibile, circolare, sociale" di Assofond è emerso che aumentare la circolarità e salvaguardare i rapporti con l’Europa è fondamentale per ridare slancio alla manifattura

  • Agosto 2, 2019
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  • Roberto Ariotti, Presidente di Assofond
    Roberto Ariotti, Presidente di Assofond
  • L’Italia è il secondo paese europeo per produzione di componenti metallici realizzati con la tecnologia della fusione
    L’Italia è il secondo paese europeo per produzione di componenti metallici realizzati con la tecnologia della fusione

Secondo quanto emerso dall'assemblea La fonderia oggi e domani: sostenibile, circolare, sociale di Assofond, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese italiane di fonderia, lo scorso anno l’Italia si è confermata il secondo Paese in Europa per produzione di componenti in metallo realizzati con la tecnologia della fusione, un comparto che conta 1.000 imprese, 30.000 addetti e 7 miliardi di fatturato complessivo. Tuttavia, ci sono dei segnali allarmanti che non vanno sottovalutati.

Nel 2018 le fonderie hanno registrato un’importante frenata della produzione

Da luglio 2018 in poi, in linea con l’andamento dell’economia globale, anche le fonderie hanno infatti registrato un’importante frenata della produzione, che ancora oggi stenta a riposizionarsi sui livelli di un anno fa. Una conseguenza del rallentamento di tutti i principali settori committenti (automotive in primis), ma anche delle scelte politiche del governo, che non si sono fin qui dimostrate allineate alle esigenze del settore industriale.

Dinamica negativa della produzione industriale delle fonderie nei primi mesi del 2019

La dinamica negativa della produzione industriale delle fonderie, che ha avuto il suo momento peggiore a novembre 2018, è proseguita anche nei primi mesi del 2019. Solamente a gennaio, infatti, si è ottenuta una spinta in termini congiunturali (+1,6% su dicembre 2018), mentre negli altri mesi la situazione è peggiorata, con valori sempre negativi, fino al -0,8% di flessione di aprile su marzo 2019. In termini tendenziali, anche se il segno negativo è meno marcato rispetto al mese di marzo, la perdita di aprile – ultimo mese per il quale sono disponibili i dati Istat – rimane significativa: -6,9% rispetto allo stesso mese del 2018.

Indice della produzione industriale in ribasso, nonostante la controtendenza delle fonderie di acciaio

L’indice della produzione industriale – fatta 100 la media del 2018 – nell’anno in corso si è del resto sempre posizionato su un livello più basso, fino a raggiungere ad aprile il minimo di 94,7 punti.
Dall’analisi dei dati a livello disaggregato emerge che nei primi mesi del 2019 sia le fonderie di ghisa sia quelle di metalli non ferrosi presentano una dinamica ribassista: dopo un primo trimestre quasi in linea con la media dello scorso anno, ad aprile 2019 l'indice della produzione delle fonderie di ghisa è sotto di 7 punti percentuali rispetto alla media dell'anno precedente, mentre le fonderie di metalli non ferrosi perdono fino a 11,9 punti percentuali.

In forte controtendenza le fonderie di acciaio, che, sempre ad aprile, fanno invece segnare un balzo notevole, con un risultato superiore di 19,1 punti percentuali sulla media del 2018 e vicino al picco massimo fatto segnare a giugno 2018: l'incidenza di questo comparto non è tale però da permettere un significativo impatto sul dato aggregato.

Economia circolare delle fonderie

Il comparto delle fonderie mette in pratica da sempre un meccanismo di economia circolare molto avanzato: è grazie a queste imprese e alla loro tecnologia, infatti, che buona parte dei rottami metallici giunti a “fine vita” viene riciclata e riutilizzata per realizzare nuovi prodotti. Le fonderie producono manufatti industriali o artistici portando a fusione i metalli, colandoli in forme di materiale refrattario o in stampi metallici e facendoli raffreddare in modo da far loro acquisire la forma desiderata. Grazie a questo processo si possono produrre manufatti di piccole o di grandi dimensioni: si va dai dischi freno montati sulle auto fino a componenti per impianti eolici da decine di tonnellate, passando per oggetti diversissimi fra loro come per esempio componenti interni dei motori a scoppio o elementi di arredo urbano. Negli ultimi anni, la percentuale di materiali di recupero utilizzata in sostituzione della materia prima vergine è cresciuta costantemente, arrivando a toccare i due terzi del totale. Ciò significa da un lato ridurre, in un’ottica di valutazione del ciclo di vita integrato del prodotto, l’impatto ambientale dovuto all’estrazione, trasporto e lavorazione del minerale di ferro, dall’altro contribuire a smaltire un rifiuto che altrimenti rischierebbe di essere disperso nell’ambiente. Anche gli scarti della produzione sono reimpiegati nel processo: il 95% delle terre esauste usate in fonderia, ad esempio, viene riutilizzato in sostituzione di sabbie e terre provenienti da attività estrattive.

Fonderie e occupazione: mancano le figure professionali

Sono oggi circa 30.000 i lavoratori delle fonderie italiane: il comparto si caratterizza per una marcata stabilità del lavoro (il 96% degli addetti è assunto a tempo indeterminato), per un turnover ridottissimo e per ampie prospettive di crescita per i giovani che decidono di entrare a lavorare in fonderia.

«Al di là dei luoghi comuni – sottolinea il presidente di Assofond Roberto Ariotti – il lavoro in fonderia è oggi un impiego che garantisce buone possibilità di crescita e che è fatto di ingegno, tecnologia e alta specializzazione. Ciò nonostante, incontriamo molte difficoltà a trovare figure professionali adeguate alle nostre esigenze. I percorsi formativi offerti dagli istituti tecnici sono poco frequentati dai nostri ragazzi, e ancor meno lo sono gli ITS, le scuole di specializzazione tecnica post diploma, che in Italia contano circa 11.000 studenti contro gli oltre 800.000 della Germania. Anche questo è un aspetto su cui la politica potrebbe intervenire – conclude Ariotti – supportando la presenza di questi istituti nelle aree a maggior vocazione industriale e favorendone la crescita».